La storia è fatta di ore e le ore sconvolgono il tempo. Le date sono relative alla semplice collocazione temporale dell’evento.
Otto ore sconvolsero l’Europa di Waterloo, ed otto ore sconvolsero la Francia di Filippo IV, detto il Bello (più che bello, sovrano energico e senza scrupoli).
Il 13 ottobre del 1307 i Cavalieri del Tempio, il più grande e potente ordine cavalleresco cristiano dell’Europa Medievale, nato in Francia quasi due secoli prima, fu messo al bando.
Filippo IV non aveva mai avuto ottimi rapporti con la Chiesa di Roma (almeno fino all’arrivo di Clemente V, il pavido, il vigliacco, il cialtrone!). Attento com’era ad accrescere esclusivamente il potere della monarchia, ben poco voleva spartire con chi non perdeva occasione per affermare sul suolo francese la potestà universale della Sede Apostolica. I rapporti con Bonifacio VIII altro non furono che un’escalation di provocazioni, che culminarono nel fattaccio di Anagni, o schiaffo, o mazzate di morte. Dipende dalle interpretazioni.
Dante la vede così:
« Perché men paia il mal futuro e ‘l fatto,
veggio in Alagna intrar lo fiordaliso,
e nel vicario suo Cristo esser catto.
Veggiolo un’altra volta esser deriso;
veggio rinovellar l’aceto e ‘l fiele,
e tra vivi ladroni esser anciso. »
(solita esagerazione da esaltato, che vede nello schiaffo al Papa un schiaffo a cristo. Io sinceramente sto con Giacomo Colonna, il grande Sciarra!)
(Ndr Bonifacio VIII era un Caetani…insomma i Caetani e i Colonna non erano propriamente amici…)
Ma torniamo a noi.
Filippo impiegò poco meno di un mese per organizzare l’operazione, che scattò su tutta la Francia all’alba di Venerdi 13 ottobre 1307. Le accuse nei confronti dell’ordine erano pesanti: si parlava di eresia, di sodomia.
La preda più ambita era il Gran Maestro Jacques de Molay, il quale fu si avvisato in tempo ma molto probabilmente non volle sottrarsi all’arresto, nella speranza di poter chiarire la posizione sua e dei suoi 546 cavalieri di Francia.
La cosa assurda è che esattamente il giorno prima il Gran Maestro era al fianco del Re durante il funerale della moglie di Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello, come se niente fosse. Ovviamente l’Ordine sperava in un intervento DECISO ed INCISIVO di Papa Clemente V…..solo che Papa Alessandro VI sarebbe arrivato quasi due secoli dopo…..
Alain Demurger (I templari. Un ordine cavalleresco cristiano nel Medioevo , 2006, Garzanti Libri), uno dei principali studiosi della vicenda Templare, fa notare che nell’operazione di Filippo vi fu la prima applicazione della tortura in senso moderno e che con quest’ultima nasce lo stato nel senso moderno del termine.
Con i beni confiscati ai Templari il re di Francia non solo risanerà le proprie casse, ma favorirà anche la crescita di una ricca borghesia nazionale, distribuendo ad essa la gestione e la conduzione di molte attività che prima appartenevano all’Ordine del Tempio. Così si spiega anche il relativo “consenso” pubblico che ebbe in patria l’azione di Filippo il Bello, nonostante la sua evidente violenza.
Una pratica, quella della tortura applicata ai templari, che derivava dall’Inquisizione e dalla consuetudini del tempo, ma che in questa occasione venne usata per la prima volta in modo, appunto,“moderno”, per condizionare un intero gruppo di persone, azzerare le resistenze individuali e produrre un’unica rappresentazione, ovviamente “colpevole”, dei fatti, ed indurre così gli stessi imputati a sentirsi colpevoli ed apparire colpevoli anche all’opinione pubblica. Certo faceva impressione vedere quei cavalieri che non avevano mai avuto paura di morire nelle loro battaglie in Terrasanta cedere così alle pratiche degli inquisitori.
Questo li faceva apparire ancor più colpevoli agli occhi della gente comune. Per dimostrare pubblicamente la loro innocenza i templari avrebbero dovuto in pratica scegliere il martirio, resistere ad indicibili sofferenze, insomma mantenere collettivamente un comportamento sovrumano che era al di là di ogni capacità di sopportazione fisica e psicologica. E così in molti cedettero, fra questi lo stesso Gran Maestro de Molay, che pare sia stato crocifisso ad una porta. Ad altri vennero bruciate le estremità degli arti, e dovettero presentarsi al processo portando con se i propri piedi carbonizzati.
Quando il 27 Ottobre arriverà a Parigi la nota di protesta
La storia si ripete.
(Tucidide)
del Papa per l’arresto in massa dei templari senza il consenso preventivo della Chiesa, le cose saranno profondamente cambiate. Molti templari avevano cominciato a confessare, sotto tortura, le accuse che erano state loro rivolte dal re (“dallo sputo sulla croce al momento dell’iniziazione, alla sodomia imposta ed accettata fra confratelli, a pratiche eretiche ed idolatriche”), e la loro difesa religiosa diventava più complessa e difficile. Anche perché era in atto da tempo, fra il re di Francia ed il papato, una forte contesa politica che andava avanti sin dai tempi di Benedetto VIII e del padre dell’attuale re di Francia.
E’ comunque smentita da documenti storici che la corona ed il papa abbiano trovato reciproche convenienze nell’abbattere l’Ordine cavalleresco del Tempio. Anzi è provato che la chiesa non emise alcuna condanna nei confronti dei templari e del loro gran maestro De Molay. Per cui l’esito finale della vicenda (il rogo di De Molay e degli altri templari) resta da attribuire interamente a Filippo il Bello. Mentre a Clemente V, per altro gravemente ammalato, e agli uomini della Chiesa di Roma, può essere addebitata unicamente la pavidità e la cialtroneria nel non aver saputo difendere più strenuamente lo stesso ordine. Pur con le dovute eccezioni, come quella dell’Arcivescono di Ravenna, Rinaldo da Concorezzo, che si rifiutò di applicare la tortura e ritenne nulla ogni confessione estorta con tali metodi, e mandò assolti i cavalieri templari sottoposti al suo giudizio (in effetti il primo pronunciamento giuridico moderno contro la tortura).
Sfatiamo però il mito secondo il quale l’unico obbiettivo di Filippo il Bello sia stato il danaro. Partiamo dal tremendo lutto e dalla successiva crisi mistica causata dalla morte della moglie, Giovanna, avvenuta nel 1305. In seguito a questa crisi Filippo, preoccupato anche per la sua salute, moltiplicò i peregrinaggi, le fondazioni religiose, le donazioni a istituti ecclesiastici e ospedali.
Poi che ogni crisi mistica coincida con un purissimo sentimento antisemita ormai è un dato di fatto: nel 1306 bandisce tutti gli ebrei dalla Francia.
E ci fu probabilmente la stessa componente mistica nella “purificazione” dell’Ordine Templare. Su questa ossessione aveva grande peso il suo consigliere Guillaume de Nogaret, una sorta di Rasputin, che ebbe un ruolo non secondario nella persecuzione dei Templari.
Ma certo le mire sul tesoro e sulle immense ricchezze dei templari non furono secondarie. Filippo il Bello ebbe problemi di denaro per tutta la durata del suo regno. Ed utilizzò ogni mezzo per ottenerlo: imposte, operazioni di cambio della valuta, spoliazione degli ebrei e dei lombardi (in pratica con interventi di “nazionalizzazione” forzata delle loro banche). Ma il bottino più grosso fu certo la confisca dei beni templari (e naturalmente l’annullamento dei debiti che aveva contratto nei confronti del Tempio). Allo stesso tempo Filippo il Bello riuscì a razionalizzare e soprattutto a portare totalmente sotto il controllo centrale e nazionale l’amministrazione finanziaria dello stato, sottraendola all’influenza sentita come estranea, “straniera”, dei finanzieri ebrei, degli italiani e degli stessi templari.
Prima di arrivare allo scontro frontale, Filippo il Bello aveva tentato anche la carta della diplomazia e delle promesse. Nel 1305, due anni prima dell’operazione contro il Tempio, aveva promesso, durante il Concilio di Vienna, di prendere le armi ed andare a combattere in Terra Santa. Per questa promessa, ovviamente non mantenuta, aveva ottenuto sei anni di decime e benefici fiscali. Ma solo la spogliazione dei templari darà slancio all’economia del regno di Francia.
Ma erano davvero così ricchi i Templari?
Faccio un solo esempio e lascio a te le riflessioni.
Innanzi tutto il calcolo della rendita necessaria per mantenere un solo cavaliere in Terrasanta: non bastavano 10 mila ettari, e solo questo dà l’idea di quanto estese dovessero essere le proprietà dell’Ordine, fra l’altro gestite e coltivare con i metodi più moderni ed efficienti del tempo.
Inoltre dal momento che non tutto il tesoro templare era finito nelle mani del Re, c’è chi ritiene che la fortuna finanziaria di alcuni stati confinanti, come ad esempio la Svizzera (la cui bandiera, guarda caso, è proprio la croce templare con colori rovesciati (il bianco in campo rosso anziché la croce rossa sul campo bianco), sia cominciata proprio dall’esodo dei superstiti templari dalla Francia.
La storia poi si perde, diventa mito e poi leggenda.
La flotta templare partita da La Rochelle sparì nel nulla, veleggiando verso una destinazione segreta e issando come bandiere un teschio con le ossa incrociate. Bandiere che appariranno ancora, qualche secolo dopo, sulle navi corsare nei lontani Caraibi.
La vicenda dei Templari è una tappa obbligata per chi ama la storia, e lo è non solo per il fascino che emana nella sua straziante complessità.
E’ una tappa obbligata perchè ci insegna che la storia è come
“la crudeltà, e come tutti i vizi, non richiede altro motivo che se stessa: ha bisogno soltanto di un’occasione”.