Nel 1974 un eccezionale Dustin Hoffman interpreta Lenny Bruce, comico, cabarettista e autore teatrale che a inizi anni ’60 subì diverse condanne per i temi e le espressioni utilizzate nei suoi spettacoli.
C’è un breve monologo all’interno del film relativo all’uso delle parole, o meglio alla loro repressione: “[..] è la repressione di una parola ciò che le dà forza, violenza, malvagità. [..]”.
Le parole sono tornate alla ribalta dei media in questi giorni , basti pensare alla campagna elettorale americana e alle continue dichiarazioni-post dichiarazioni-smentite-dichiarazioni. In una infinita catena che tutto frulla e niente ricorda.
Non è mai facile giudicare un discorso, un dialogo, limitandosi alle sole parole. Spesso sono fuorvianti, ci allontanano dal significato complessivo, dall’obiettivo. Serve uno sforzo, un piccolo sforzo, per mantenersi saldi, fermi e non farsi distrarre da un termine magari volgare, magari inutile, magari provocatorio. Ma se ci si riesce si può capire, parafrasando lo stesso Lenny Bruce, che “tette e culi” non sono le cose veramente volgari .